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Thursday, January 25, 2007

serata a gorzegno, acna e mafia

http://www.stpauls.it/gazzetta/0704ga/0704ga11.htm#1

La morte di Gardini e la vicenda Acna. Dalla Langa, è arrivata una sfida al boss mafioso Totò Riina?
Quella sera a Gorzegno...
di ILVO BARBIERO

Un’aia in una cascina a Gorzegno, di sera, illuminata da fioche luci.
Gallesio (sì, come il tragico protagonista di Un giorno di fuoco e non per caso) legge i ricordi di Mario Bertola sulle manifestazioni dei contadini di Gorzegno contro l’Acna negli anni ’50. Ad ascoltare, tante figure fatte della stessa pasta dei langaroli che facevano ribollire il sangue a Beppe Fenoglio, al solo pensiero. Eh sì, c’è chi si deve accontentare dei surrogati e delle descrizioni, magari stando in città, e qui invece c’è la sostanza. C’è anche una fetta importante delle persone che hanno cambiato il colore al Bormida, non più di sangue raggrumato, con una nuova guerra, non cruenta per fortuna come quella di Johnny, ma comunque così definita da chi l’ha vista di fuori. Proprio questo accostamento, tra la fine dell’Acna e il famoso pezzo di Fenoglio sul Bormida, dopo 7 anni, è rimasto nell’immaginario collettivo.
Il giornalista di Gorzegno Renzo Fontana, direttore del periodico"Valle Bormida pulita", è stato uno dei protagonisti delle battagliecontro l’inquinamento causato dall’Acna di Cengio.
Quasi alla fine della serata, dedicata al giornalismo militante e alla forma che ha assunto nella Valle Bormida, dedico alla memoria di Renzo Fontana, specialmente ai suoi lavori sulla valorizzazione delle bellezze della Langa, alcune parole tratte dal film I cento passi di Marco Tulio Giordana sulla vita e la morte del giornalista Peppino Impastato, che aveva osato sfidare la mafia in casa sua e dalla stessa è stato ucciso: «La bellezza, questo si dovrebbe insegnare alla gente. La bellezza contro la cupidigia, la bellezza contro l’omertà, la bellezza contro la rassegnazione, la bellezza contro la paura…».
Tutto questo sarebbe rimasto nella memoria dei presenti se, con un’ennesima svolta nella vicenda Acna-Valle Bormida, pochi giorni dopo non fossero state diffuse notizie dalla Sicilia, che meritano sicuramente una revisione e una nuova riflessione su un periodo, uno dei più infuocati, della sua storia, quello tra gli anni 1987 e 1993.
Al centro delle nuove verità che stanno emergendo nelle inchieste siciliane sulla mafia c’è ancora Raul Gardini, padrone dell’Acna, a cui Patrizio Fadda, rivolgendoglisi direttamente in una delle assemblee degli azionisti della Montedison, aveva detto: «Mi vergognerei a essere enormemente ricco e padrone di una fabbrica come l’Acna senza risolvere il problema alle radici».
Raul Gardini, il "contadino", già al centro ovviamente con gli altri azionisti e dirigenti del suo gruppo della vicenda Enimont e quindi di Tangentopoli, "presunto suicida" al momento del maggiore infuriare di Tangentopoli, poco prima di presentarsi ai magistrati di Mani pulite, forse per raccontare le sue verità, e negli stessi giorni del successivo presidente della società padrona dell’Acna, Gabriele Cagliari, anch’egli autore di botte e risposte televisive con protagonisti del movimento della Valle Bormida, secondo le rivelazioni del pentito Leonardo Messina al pm Paolo Borsellino, subito dopo la strage di Capaci, sarebbe stato collegato a Totò Riina.
La notizia è stata pubblicata da vari organi di stampa e riporta gli sviluppi attuali delle indagini della Procura di Caltanissetta, che hanno riaperto l’inchiesta sulla morte di Raul Gardini.
Secondo le ipotesi investigative, la Calcestruzzi spa, posseduta dalla famiglia Ferruzzi e da Raul Gardini, in realtà sarebbe stata controllata da Totò Riina; le morti di Borsellino e Gardini sarebbero collegate: il Magistrato saltò in aria 19 giorni dopo avere aperto un’inchiesta sulle rivelazioni del pentito, e anche la morte dell’imprenditore sarebbe stata determinata da Cosa nostra. Anche la bomba di Milano del 1993, esplosa all’indomani dei funerali di Raul Gardini, doveva esplodere più vicina alla già vicina residenza del defunto.
Sergio Cusani tende a negare l’esistenza di collegamenti, ma ha rivelato che Raul Gardini era turbato da questi fantasmi siciliani e voleva liberarsene cedendo la Calcestruzzi.
Già nel 1988, ben prima dell’esplosione di Tangentopoli, il movimento sapeva che avrebbe trovato contro gruppi di potere soverchiante e non sempre alla luce del sole: «Noi vi metteremo contro l’industria chimica, il sindacato, la strumentale occupazione, l’Enimont, la corruzione…», e pensavamo che con l’affaire Enimont eravamo arrivati a spiegare tutti i meccanismi perversi che avvelenavano la vicenda, ma nessuno pensava che da quell’angolo di mondo si sarebbe arrivati a sfidare l’ipotizzato principale alleato di Cosa nostra e del suo massimo capo, Totò Riina...
Ilvo Barbiero

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