Documenti

DOCUMENTI

Tuesday, December 20, 2005

Un ACNA poco conosciuta: quella di piacenza

dal giornale:LIBERTA' di lunedì 7 novembre 2005 > Piacenza e Provincia


La testimonianza di una sindacalista che si occupò del "caso-Acna"

«Tumori alla vescica per quattro operai su dieci»

Quella dell'Acna fu veramente una situazione paradossale» premette Clelia Raboni, protagonista - dal 1971 al 1982, come segretaria del settore "chimici" della Cgil - di una vera e propria guerra all'azienda del Gruppo Montedison. «Impiegammo tre anni soltanto per riuscire a fare entrare in fabbrica gli ispettori dell'Enpi (l'ente nazionale per la protezione dagli infortuni) - riferisce la sindacalista - ricordo che una volta per effettuare un sopralluogo dovemmo chiamare i carabinieri! Erano altri tempi, è vero, ma c'era anche il fatto che l'azienda faceva parte di un gruppo molto potente».Nel complesso di via Tramello si viveva in condizioni di grande precarietà per la salute degli operai. «I lavoratori non avevano praticamente alcuna protezione - spiega Clelia Raboni - travasavano solventi a mani nude, comprese le famigerate aniline aromatiche, non c'erano aspiratori e anche gli orari di lavoro erano assolutamente incompatibili con l'esposizione a quel tipo di inquinanti. Buona parte delle proteste, soprattutto quando qualcuno stava male, venivano tacitate con incentivi economici».La più grave conseguenza - secondo un'indagine realizzata all'epoca dalla Cgil - fu che buona parte degli operai dell'Acna si ammalarono. «Il 40 per cento - ricorda la sindacalista -svilupparono nel corso degli anni tumori alla vescica, molti purtroppo sono morti».Fu una battaglia sindacale particolarmente aspra. «Dagli operai delle altre fabbriche piacentine, i dipendenti dell'Acna venivano considerati dei privilegiati - ricorda la Raboni - perché guadagnavano di più, avevano grossi incentivi e premi. I soldi erano lo strumento con cui la proprietà metteva a tacere ogni polemica. Teniamo conto - aggiunge la sindacalista, oggi portavoce dei pensionati Cgil - che molti degli operai dell'Acna provenivano dall'agricoltura - dalle nostre montagne - e non avevano la cultura e la tradizione del movimento operaio. Ed erano per questo più vulnerabili».Ciò nonostante, il sindacato condusse all'interno dell'Acna una significativa battaglia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori. «Trovammo una preziosa alleanza - prosegue Clelia Raboni - nelle organizzazioni sindacali che si occupavano di due realtà molto simili a quella di Piacenza, gli stabilimenti Acna di Milano e Cengio».Poi, all'inizio degli anni '80, quando finalmente la Montedison cominciava ad entrare nell'ordine di idee di dotare i propri stabilimenti delle opportune misure di sicurezza, la fabbrica di Piacenza chiuse i battenti. Parte degli operai furono pre-pensionati e parte accettarono il trasferimento presso altri complessi dello stesso gruppo.G.L.Vai all'articolo su LIBERTA'

0 Comments:

Post a Comment

<< Home